Il Palermo festeggia una Serie B voluta fortemente da Silvio Baldini. Il tecnico in conferenza stampa ha sottolineato che prima di festeggiare, come sempre accade, ci sono stati dei momenti critici. In particolare dopo la trasferta di Potenza: “Il problema è che per ottenere un risultato del genere occorre che i giocatori credano in quel che fanno. E soprattutto devono credere nel fatto che chi li guida non si sarebbe mai arreso. Noi siamo arrivati a Potenza e leggevo cose non simpatiche sul Palermo. Se volete scrivere su di me mi sta bene, ma se parlate male di altri mi dà fastidio, non si prendono in giro i professionisti. Anche perchè ha fatto un lavoro straordinario, basta vedere com’è cambiata la squadra”.
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Palermo, Baldini elogia Castagnini
Proprio questo passaggio è stato il viatico decisivo per condurre una grande campagna. Sia nel finale di stagione che nei meravigliosi playoff: “Sapevo che il destino mi avrebbe messo delle difficoltà prima di lasciarmi strada libera. A Potenza ho rischiato la salute. Tante volte ho avuto delle sfuriate, ho ribaltato spogliatoi, ma quel giorno lì sono andato oltre. Lì i ragazzi hanno visto in faccia quando uno muore o continua in quel che crede. Il giorno dopo ho visto persone cambiate. Abbiamo fatto un percorso incredibile. Capisci che la squadra ha fatto qualcosa di importante, io ho fatto capire loro che ognuno ha un mezzo per andare oltre la realtà. Noi abbiamo il campo, l’allenamento per cercare noi stessi. Ieri sera non hanno dato possibilità di ragionare a una squadra forte come il Padova. Il risultato non ci ha condizionato, esisteva solo la prestazione. Questa per me è stata una grande vittoria”.
Sembrano esserci pochi dubbi sulla conferma di Baldini sulla panchina del Palermo. Anche se il suo sogno è quello di mantenere lo stesso staff, dirigenziale e tecnico, con cui ha lavorato quest’anno: “Il mio problema non è avere il contratto. Io ho fatto questo percorso con un gruppo di persone straordinarie, il mio staff e quelli che ho trovato a Palermo. In questo percorso queste persone hanno dato tanto, in connubio con le persone che ho portato io. Non posso perdere nessuna di queste persone. Se ne perdo anche una sola, vuol dire che ho vinto pensando di essere stato io quello determinante. Io ho dato il mio contributo solo grazie a queste persone. In particolare Renzo Castagnini, con cui ho passato dalle 8 alle 10 ore al giorno insieme. Ho sentito troppe cattiverie sul suo conto, è stato un grande amico più che un direttore sportivo. Abbiamo vissuto la stessa situazione a Salerno, mi ha sostenuto anche nelle critiche”.
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Baldini e la scalata verso la Serie A
Silvio Baldini ha raggiunto questo traguardo insieme a Nicola Valente. Il tecnico racconta un aneddoto sull’esterno rosanero: “Noi due anni fa ci siamo andati vicino con la Carrarese. Ti posso garantire che ai calci di rigore avremmo vinto noi. Sia a lui che a Damiani ho detto che forse in quel momento lì non eravamo pronti per ricevere questo regalo. Parlavamo di quella semifinale persa”.
Tornando a quella svolta psicologica di cui si è parlato, inevitabile notare un netto cambio di rotta. I giocatori sono tornati a dare il massimo per raggiungere l’obiettivo: “Tutti hanno cambiato atteggiamento. La squadra ha capito che dovevamo essere una famiglia, tutti avrebbero dovuto portare il loro contributo. Lo abbiamo visto nelle ultime partite in cui ultimamente facevo tutti i cambi, anche nelle partite più importanti”.
A Baldini viene chiesto se sogna di andare in Serie A con i rosanero. Come ci si poteva aspettare (visto il personaggio) una risposta che punta tutto sulla sua fame e non sulla ricerca di ribalta: “Non la cerco. Io cerco me stesso e posso trovarlo anche in Interregionale. A me non interessa avere la fama, il palcoscenico. Io voglio essere solo un veicolo di ciò che ho sentito. Voglio far vedere alla gente che la speranza non ti abbandona se dietro hai qualcosa in cui credere ciecamente. Stamattina ho ricevuto messaggi da cinque allenatori di Serie A, mi ha fatto piacere al di là dell’amicizia. So che loro mi guardavano per vedere cosa faceva il Palermo”.
Il nuovo abbraccio dei tifosi
Il ritorno dei tifosi è stato forse la vittoria più grande per Baldini. Lo stadio pieno per tutta la durata dei playoff ha dato ulteriore carica alla squadra: “Ho fatto capire alla squadra che finchè non si riempiva lo stadio, la gente non capiva che stavamo facendo qualcosa di buono. I tifosi ci saranno sempre. Se domani arriva una società che offre un ingaggio più alto, questo andrà da un’altra parte. Invece non c’è un ingaggio per far cambiare squadra a un tifoso. I bambini tra 50 anni non cambieranno la fede per il Palermo per soldi. Il protagonista è il popolo, non siamo noi. Abbiamo avuto un popolo che ha fatto la fila per un biglietto. Quando riesci a far capire alle persone che i protagonisti sono loro, la gente ti ama e ti aiuta a vincere. Noi abbiamo capito che sono loro che vanno ringraziati con la prestazione e con il cuore”.
Al tecnico del Palermo non piace fare classifiche e dire se questo è stato o meno il trionfo più bello. Ma gli piace sottolineare come e con chi ha voluto celebrare questo successo: “Se dovessi fare una graduatoria, mi metterei a guardare chi è stato più o meno bravo. Ero fiducioso, ero tranquillo, ho festeggiato come piace a me, cioè osservando la gioia degli altri. Poi ho voluto cinque minuti con la madre dei miei figli, per dirle delle cose che avevano un significato diverso. Questa persona meritava qualche minuto in cui farle capire quanto per me fosse importante. Il successo di ieri sera è stato importante per quei cinque minuti”.
Palermo e il valore umano di Baldini
Silvio Baldini ha dato un apporto molto forte sul piano umano in questa stagione. Il tecnico del Palermo ha fatto capire quanto sia stato importante affrontare, ognuno a modo suo, i suoi giocatori: “A Brunori avevo detto che avrebbe fatto 30 gol dopo il primo allenamento. Lo conoscevo, ma quando ho visto che era un ragazzo al quale puoi entrare nell’anima ho messo questa scommessa. Mi dispiace che ne abbia fatti 29 (ride, ndr). Fella invece è un ragazzo che ha sofferto perchè non giocava, ma non stava bene fisicamente. Ha dovuto lavorare sodo e ha trovato nel lavoro, pur giocando poco, cosa vuol dire cercare se stesso. Il patto tra me e lui era fare il gol decisivo per la finale, ma l’importante è stato avere vinto. Ha comunque segnato con l’Entella, un gol molto importante”.
Quello di ieri sera contro il Padova è il lieto fine di un cammino tortuoso. Baldini fa capire chiaramente quanto sia importante proprio il percorso per riuscire ad arrivare vincenti al traguardo: “L’80% degli allenatori pensa a fare risultato e all’ingaggio. Se cerchi di materializzare le cose, gli altri ti valutano in questo modo. Invece se provi a mettere l’umanità, che anche giocare un minuto è importante, vengono fuori questo tipo di storie. La nostra società è basata sul fatto che chi vince è bello, chi non vince non lo è. Vai alla ricerca di un giocatori che ci diano più garanzie. A volte la stampa va a toccare e a ferire l’anima di una persona. Non mi rimane altro da fare che vincere per far capire che la parola va usata non solo in base al risultato, ma soprattutto al percorso”.
La gestione del gruppo
Belle parole Baldini le spende per il suo “secondo”, Mauro Nardini: “Mauro Nardini è una persona speciale. Non è il secondo che mette i cinesini, è uno che porta passione, non si nasconde, non ha filtri. Quando facciamo gli allenamenti incita i giocatori con una voce potente. Lui il 12 giugno aveva perso la mamma a 70 anni. Sapevo che quella data avrebbe coinciso con questa vittoria e non potevo non dare spazio a una persona del genere. Per me è un fratello, una persona che sono orgoglioso di averlo come amico. Non sarà mai un traditore, come succede nel lavoro”.
I momenti successivi a ogni passaggio del turno del Palermo sono stati vissuti da Baldini in maniera tranquilla: “Ero talmente convinto che avremmo vinto che mi godevo ogni passaggio del turno pensando che avrei vinto. Non volevo angosciarmi prima di arrivare a questo giorno. Non abbiamo mai fatto ritiro, mi fido dei miei ragazzi. Quando siamo arrivati, prima della partita è arrivato un messaggio con le mogli e le compagne dei giocatori. Dopo questo messaggio d’amore i ragazzi erano imbattibili, non potevamo perdere con il sostegno delle persone che ci volevano bene”.
La gestione del gruppo è stata fondamentale. A partire dai portieri e dalla staffetta tra Pelagotti e Massolo: “C’è stato un periodo in cui Pelagotti ha ricevuto molte critiche, non volevo lasciarlo da solo. Ho fatto giocare Massolo per cinque partite di fila, poi non ha avuto l’atteggiamento giusto. Ho rimesso Pelagotti, poi ha dovuto operarsi, Massolo non ha più mollato un centimetro e abbiamo trovato un portiere ancora più bravo”.
Baldini e il futuro
Ma cosa aspetta Silvio Baldini in futuro? Il tecnico ha le idee chiare: “Farò le cose normali. Per ora cercherò di vivere di questa gioia con i giocatori e con la città. Poi io ho sempre uno scopo: se possiamo lavorare in un certo modo la storia non è finita. Ora non dipende più da me, potrebbe anche finire in A. Lo dico: se non sarà il prossimo campionato, quello dopo ancora il Palermo va in Serie A. Se mi fanno lavorare in un certo modo io resto a Palermo, ho deciso di invecchiare qua. Sento in questa isola la mia appartenenza”.
Chiusura doverosa per Dario Mirri. Il Palermo deve tanto a lui, Baldini lo sa e lo riconosce: “Il presidente è un tifoso, si è buttato in mare anche lui a fare il bagno questa notte. È una bravissima persona, sono contento che possa cedere il Palermo in Serie B e non in Serie C, e possa decidere lui cosa fare. Io non gli ho mai chiesto nulla di tutto questo. Lui a Santa Rosalia voleva parlare di premi, ovviamente io non volevo. Con me è sempre stato gentilissimo, ha una famiglia bellissima che mi ha sempre messo a mio agio. Non mi sono mai sentito come se andassi a casa del presidente, ma da una persona normale che viveva tutto con molta semplicità”.
Baldini e il Palermo si sono aspettati per 18 anni. Il tecnico ammette che sperava in un riscatto dopo la fine della sua avventura nel 2004: “Ci ho messo 18 anni ad arrivare qua. Il dubbio nel tornare l’ho sempre avuto, ma ci pensavo sempre. Quando mi hanno chiamato il 23 dicembre, sapevo che sarebbe successo qualcosa, a patto che io mi mettessi a disposizione della causa. Non è facile spiegare la fede, non sono abituato a insegnare qualcosa. Sono abituato a vivere quel che sento. Posso aiutare la gente a migliorarsi con le mie parole”.