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Palermo, il “sipario” del Barbera è la tua arma in più: una magia già sentita

Con grande piacere diamo spazio alla “penna” di Benvenuto Caminiti. Il giornalista, amico della redazione di Sporticily.it, ha fatto la sua ricostruzione di Palermo-Sampdoria, in particolare dell’atmosfera creata dalla Curva Nord nell’immediato pre-partita. Un “sipario” calato sulla curva per dare calore, colore e carica alla squadra.

Di partite del Palermo io ne avrò viste qualche migliaio, considerato che vado allo stadio da quand’ero picciridddu” (otto anni appena). La prima volta me la ricordo bene perché fu un‘esperienza così travolgente da segnare tutta la mia lunga vita, di tifoso, e non solo. Quella prima volta l’ho raccontata tante volte, e ogni volta ho aggiunto qualcosa, un dettaglio o solo una sfumatura; un aggettivo diverso, un punto di domanda nuovo. Insomma, ogni volta che la rievoco, i ricordi si arricchiscono sempre di qualcosa di nuovo.

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Questo preambolo serve come introduzione al racconto che voglio scrivere oggi,
all’indomani del “preliminare” di venerdì contro la Sampdoria. In tanti anni di milizia da tifoso rosanero ne ho viste e sentite di tutti i colori. Ho conosciuto persone e personaggi; ho assistito a fatti, fatterelli e fattacci; ho pianto, ho riso, ho litigato, ho fatto pace, ho delirato e sono rinsavito. Insomma, ho provato emozioni di tutte le specie, belle, bellissime, tristi, tristissime… Venerdì sarebbe bastato un pareggio per superare il turno preliminare e passare alle semifinali di lunedì prossimo contro il fortissimo Venezia. Ma c’era tutt’intorno, già alla vigilia, un’atmosfera speciale, come il presagio di una serata magica. Una di quelle che al Palermo – così racconta la sua ultracentenaria storia – accade ogni dieci anni, e si tratta sempre (o quasi) di storie bellissime.

Vent’anni fa, di questi tempi, anzi di questi giorni, il Palermo battè la Triestina alla Favorita (allora si chiamava ancora così) con un secco 3-1 e si assicurò la matematica promozione in Serie A. Dopo oltre trent’anni di tormentata spasmodica attesa, fatta di saliscendi dalla B alla C (e viceversa) oltre che di vergogne, varie e dolorose, come una radiazione (1986) e un paio di penalizzazioni per calcio scommesse. Dieci anni fa, invece, il Palermo di Zamparini, appena retrocesso per la prima volta in Serie B. Proprio di questi tempi, anzi di questi giorni, battè il Novara al “Silvio Piola” e conquistò il ritorno nella masssima serie. E venerdì? Al decennale del decennale, riecco un’occasione più unica che rara: giocare i playoff, vincerli e tornare una volta ancora in Serie A.

Ecco spiegata l’aria speciale che venerdì tutti ci sentivamo addosso, come una coperta di Linus, un balsamo che riscalda e intenerisce il cuore. Lo stadio è stracolmo, colorato come nelle occasioni speciali. C’è tutto quello che serve per vivere momenti magici, pregni di storia. Quelli che sfidano il tempo, e te li senti dentro, parte di te stesso, come la conchiglia sente dentro la sua perla.

Mi guardavo intorno, una virata d’occhi lungo tutto lo stadio, dalla curva sud alla gradinata per soffermarmi alla Nord. La curva della mia giovinezza, dei miei vent’anni (dal ‘72 al ’92) trascorsi da ultrà fra gli ultrà, passando da personaggi storici e inimitabili come Vicè u pazzu agli storici club rosanero, guidati da una donna ardimemtosa e pugnace, che col pugno fermo e amabile di una madre, governava quello che poi fu chiamato Centro di Coordinamento Tifosi Rosanero.

Forse non ci avete mai fatto caso, ma i minuti che precedono l’ingresso delle squadre in campo, con il rituale che segue (scambio di gagliardetti e scambio di saluti con l’arbitro e fra i giocatori entrambe le squadre) è sempre febbrile, qualche volta perfino frenetico. Io non mi ci sono mai abituato, nel senso che l’emozione che provo ogni volta diventa ogni volta più ingestibile. Venerdì mi trovavo avviluppato dentro questa bolla d’ansia impenetrabile, quando all’improvviso non solo gli occhi ma tutti i miei cinque sensi sono stati catturati irresistibilmente da un fatto straordinario, mai visto prima, che mi ha lasciato letteralmente senza fiato.

In Curva Nord si è srotolato un immenso sipario grigio-rosa che cominciava dalle più basse scalinate della Nord suuperiore per salire sempre più su. Fino a diventare uno stendardo meraviglioso con la scritta a caratteri supercubitali: “LA 12”. I ragazzi di Fabrizio Lupo, gli impagabili ultras che, partita per partita, per novanta minuti tifano all’impazzata e si portano dietro l’intero Stadio, avevano pensato e realizzato una coreografia grandiosa, con gli effetti speciali che è possibile vedere solo al cinema.

Lo stendardo garriva al tenue venticello della sera come se, oltre che farsi vedere, volesse anche farsi sentire. Perché quella brezza che increspava la tela pareva una preghiera, forse profana, ma non ne sarei tanto sicuro, data la vicinanza stretta col Montepellegrino. “Santa Rosalia – pareva invocasse quel grande telo – aiutali tu. I nostri ragazzi, fa’ che oggi finalmente mostrino di che tempra sono fatti!”. E, subito dopo quella preghiera, solo immaginata ma perfettamente percepita, il Palermo cominciava a giocare. Non era neanche scoccato il primo minuto di gioco, che già capitan Brunori sprintava sulla fascia, dribblava un paio di avversari e crossava forte e teso al centro, là dove si gettava come una folgore Ranocchia, che di destro coastringeva Stankovic ad una grande parata.

Ed era solo l’inizio…

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