Il Catania Calcio giocherà in Serie D nella prossima stagione? Non è dato saperlo. Il motivo è da ricondurre al fatto che al momento la piazza etnea brancola nel buio. Il “via libera” dell’iscrizione dipende infatti dalla serietà e dall’affidabilità del soggetto che vincerà il bando emesso dal Comune siciliano. Al momento, però, non soltanto mancano gli aspiranti interlocutori che si metteranno dinnanzi alla FIGC, ma manca addirittura il bando stesso. L’assessore allo Sport Sergio Parisi ha assicurato che esso verrà emesso a breve con il benestare del sindaco facente funzioni Roberto Bonaccorsi, ma la situazione politica in cui la città versa non aiuta di certo. Anche da questo, infatti, deriva il caos attuale.
Inizialmente i due rappresentanti dell’amministrazione comunale stessi avevano auspicato che rifacendosi all’art. 52 delle norme della FIGC sul titolo sportivo si potessero anticipare i tempi. Ciò, però, non accadrà: non ci sarà alcuna assicurazione per la città. Il Consiglio federale discuterà del futuro del Catania Calcio soltanto tra la fine di giugno e l’inizio di luglio. Una scelta dettata anche dalla necessità di allontanare potenziali investitori che celano esclusivamente l’obiettivo di illudere la piazza, come d’altronde accaduto nel corso della scorsa stagione con Benedetto Mancini. Questa volte non ci saranno margini di incertezza.
Catania giocherà in Serie D? Tutto dipende dall’esito del bando
Non è possibile dunque rispondere ancora alla domanda se il Catania Calcio giocherà o meno in Serie D nella prossima stagione. Il tutto dipenderà dalla persona o dalla società che si aggiudicherà il titolo sportivo nei metodi prestabiliti. Da qui deriva la necessità di affrettare la pubblicazione del bando in modo da rientrare nei tempi burocratici. Anche nel caso in cui ciò avvenga a breve, comunque, si dovrà attendere l’arrivo di manifestazioni di interesse che rispettino i criteri.
Quali saranno i paletti da rispettare? Ovviamente non dovranno presentarsi soggetti riconducibili alla società fallita. Poi sarà necessario possedere un adeguato patrimonio e risorse sufficienti a garantire il soddisfacimento degli oneri relativi al campionato di competenza, tra cui innanzitutto quello da ricondurre all’iscrizione. Il contributo a fondo perduto, in base ad alcuni recenti rumors, si attesterebbe intorno agli 800 mila euro. Essi servono alla FIGC per integrare eventuali debiti sportivi lasciati dalla società fallita. Inoltre, tra i criteri ci sarà anche la sede legale della società, che dovrà essere nella città etnea.
A svolgere un ruolo centrale nella creazione del bando, per il resto, spetta all’amministrazione comunale e, nel dettaglio, nelle persone del sindaco facente funzioni Roberto Bonaccorsi e dell’assessore allo Sport Sergio Parisi. A loro spetterà infatti il compito di stilare i diversi criteri – che rappresenteranno dei veri e propri paletti – che coloro che presenteranno le manifestazioni di interesse dovranno rispettare. Successivamente dovranno scegliere tra queste quella che ritengono migliore per il futuro del Catania Calcio.
La palla a quel punto passerà alla FIGC, che stabilirà se dare il “via libera” o meno all’iscrizione in Serie D. Le verifiche verranno effettuate con minuzia dalla CoViSoD, ovvero la Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Dilettantistiche. Le procedure ed i criteri di ammissione seguiti da quest’ultimo vengono aggiornate annualmente.
Il caso Palermo
Un precedente che a Catania è possibile osservare per comprendere cosa accadrà a breve è quello del Palermo. Il titolo sportivo del club di Viale del Fante, a seguito del fallimento, fu assegnato infatti proprio attraverso un bando del Comune. Il sindaco Leoluca Orlando, tra le numerose manifestazioni di interesse, insieme all’ex presidente del tribunale di Palermo Leonardo Guarnotta, scelse poi quella di Hera Hora, la società allora controllata dall’attuale patron Dario Mirri e da quello che era a quei tempi il vicepresidente e suo socio Tony Di Piazza. La nuova società rosanero, dopo avere superato i controlli della FIGC, versò ben un milione di euro per l’iscrizione in Serie D.
Ma quali erano i paletti presenti nel bando del Comune di Palermo? A redigerli furono il consulente allo sport del comune Carlo Vizzini e l’avvocato Leonardo Di Franco. Essi erano numerosi. Onorabilità e solidità finanziaria, in primis. Il tutto in un piano finanziario triennale per provare ad arrivare in Serie B, un piano di sviluppo per settore giovanile e uno per il calcio femminile. La nuova società avrebbe poi dovuto accettare le condizioni in vigore per la concessione dello stadio Renzo Barbera e avrebbe dovuto tutelare i dipendenti della vecchia società. Non era possibile, infine, presentarsi in caso di multiproprietà (tanto che l’allora patron della Sampdoria, Massimo Ferrero, fu rifiutato).
I criteri presenti nel bando del Comune di Catania, inevitabilmente, saranno a tratti simili e a tratti diversi da questi. Un elemento che va a sfavore degli etnei, però, riguarda il fatto che al momento non ci sono volti noti tra coloro che potenzialmente presenteranno le proprie manifestazioni di interesse. Il Palermo Calcio, infatti, a quei tempi venne affidato a Dario Mirri, che aveva acquisito già la fiducia della piazza cercando di salvare il club rosanero dal fallimento nel corso della stagione.
